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Milo de Angelis

MILO DE ANGELIS: UN AMICO RITROVATO

(di Anita Rosso)

Li ho visti quel sabato sulla strada, un uomo e una donna si guardavano attorno. Ho pensato al desiderio di vedere Villa Maria. In lui qualche cosa mi portava indietro nel tempo. Quel viso, quegli occhi…
“Cerchiamo Roberto Morbelli…” rispondo, pensando che quella voce profonda se pur più matura mi è nota , “la casa è questa, ma forse lui non è qui “. “Io sono Milo, Milo de Angelis, ero di passaggio e saluterei volentieri Roberto”. Ecco perché ! quel viso, quegli occhi hanno fatto parte della nostra adolescenza, persa in mille adolescenze e mille vite, ritrovata qui in quest’angolo di Monferrato dove era iniziata. Il tempo, tanto tempo, è trascorso ma condotte dai ricordi tornano quelle domeniche a Castagnoni: infiniti sogni infinite speranze condivise e poi separate.
Vite lontane ma immediatamente ricomposte nei ricordi di poetiche adolescenze perdute.
Ben tornato Milo, non ti avevamo dimenticato mai.


(di Roberto Morbelli)

Fu il grande affetto che legava i nostri genitori, sua madre Carla Del Poggio dei Castagnoni era amica d’infanzia con mio padre, a farmi incontrate il mio coetaneo Milo, diminutivo di Camillo.
Mamma Carla era felice di poter vedere nei figli il perpetrarsi della grande amicizia che univa i genitori.
Sin da ragazzo il nostro era introverso e dedito a meditazioni profonde che io, nella mia beata immaturità, non capivo ed, a volte, lo canzonavo, in maniera più “carognesca” quando mi batteva a Ping Pong, gioco di cui sarebbe stato una promessa se non si fosse buttato ( e bene fece!!!!) negli studi classici.
A suo modo Milo mi voleva e, credo ancora oggi, mi voglia bene. Forse l’esuberanza e la voglia di fare “casino” che mi portavo dentro lo hanno affascinato.
Milo De Angelis sin da ragazzo ha affrontato i temi della vita nel modo più crudele possibile, con drammaticità direi, dimostrando, però, sempre un’eccezionale coerenza che in molti gli invidiavamo.
Molte volte era inutile distrarlo dalle sue meditazioni: ed io ci ho tentato tante volte spinto anche da dall’apprensiva Mamma Carla che si preoccupava di vederlo taciturno ed assorto.
La vita ha dato ragione a Milo. Oggi egli, oltre a potersi vantare di essere uno dei migliori intellettuali Italiani, è uno dei poeti più affermati d’Europa.
E’ noto a molti la sua collaborazione ai testi del noto cantautore e collega Roberto Vecchioni. Collaborazione che Milo volle interrompere quando il cantante decise, spinto certamente dalla casa discografica, di fare musica da “cassetta”.
Oggi gli attestati di merito a Milo De Angelis sono moltissimi e va certamente scritto il suo nome tra i grandi della letteratura Italiana.
Però, non ne abbia a male l’interessato, io continuo ad amare anche quel ragazzo che mi batteva a Ping Pong e infilandosi la mano nella cinta dei pantaloni, faceva quel sardonico sorriso.

 

Da : Poesia del ‘900 “Milo de Angelis – Poesie“ – Oscar Mondadori

IV – Le terre gialle
A mia madre , monferrina


STANSA

L’istà a l’era ancur nen finija. Na vidua
l’andava al cimiteri. Al crus criavu cme’n gat
“Fradé dal gulfin da giuvu, vöj nen andà da sula
‘n tal post ch’aj’ ò pagura: t’at capì….staseira
t’aspècc a cà… staseira”.
La ment girulava ‘nt al trenu. Altri doni
ai purtavu la corda par muntà ansùmma o calà giù.
“A man viz ben ‘d la so facia, sniura: j’öcc celest
ad cul fazàn in agunija
an Chilla j’arsuscitu ciarissimi.”

CAMERA.
L’estate non era finita. Una vedova
andava al cimitero. Le croci gridavano come gatti.
“Fratello dal golf da ragazzo, non voglio andare sola
nel luogo dove ho paura: tu hai capito…. Stasera
ti aspetto a casa mia … stasera”
La mente vagava nel treno. Altre donne
portavano la corda per salire o scendere.
“Ricordo bene il suo viso, signora: gli occhi azzurri
di quel fagiano agonizzante
in lei risuscitano chiarissimi.”



LËTTRA A CLAUDIO
An riva al fium in om a se setasi
avghinda l’ombra suferta ‘d la so facia.
L’era in om semplice e bun. Se bütasi a dì
con la vus rutta: “chi l’è che al savrà
di sa me vitta?”.
“Ven an sa” – a j’a dij l’atar avzin – “T’an nen
mantnì la so prumessa, né?”
Po a j’a piaij la testa e j’a versaij
ansümma l’ultima brancà d’acqua.


LETTERA A CLAUDIO

In riva al fiume un uomo si sedette e vide
l’ombra sofferente del suo volto.
Era un uomo semplice e buono.
Chiese con la voce rotta:
“Chi saprà di questa mia vita?”.
“Dunque è vero” – disse l‘altro vicino – “è vero che
non ti hanno mantenuto la promessa”
Poi gli prese la testa, gli gettò
l’ultima manciata d’acqua.


 

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