PIERANGELO SPADACCIA
(visto da Roberto
Morbelli)
Era proprio un bel ragazzo brillante. Non si poteva non volergli bene!!!
Lo ricordo, più vecchio di me di qualche anno, biondo, ma, soprattutto,
aveva preso i geni della famiglia di sua madre e suonava quasi tutti gli
strumenti musicali ed aveva una mano per il disegno non indifferente (nel
forno di Villa Maria ci sono ancora oggi, sul muro e sul soffitto, dei
graffiti da lui firmati.
Si era specializzando con la batteria, ma mi ha insegnato con Claudio
Ariotto, a suonare la chitarra.
Si suonava Duane Eddy, gli Shadow ed i Beatles ed i primi successi
dell’Equipe 84. Una voce invidiabile che gli consentiva di essere
menestrello ed incantare le fanciulle del tempo.
The Fantomas
Era il capo della banda. Offuscato solo da Anita che aveva, già allora, i
cromosomi del dirigente. Al punto tale che le prime sigarette
“Fiumitricina atteragis” in alternativa alla “Balena” si potevano fumare
solo su sua autorizzazione nella capanna costruita nel suo bosco sotto
Villa Maria.
Quando, d’estate, aiutava sua padre nel lavoro di muratore, lo aspettavo,
la sera, che ritornasse per poter trascorrere qualche minuto prima di cena
seduti sugli scalini antistanti casa mia a sentire le sue mirabolanti
avventure con il gruppo con cui suonava e tutte le quelle verità che avrei
poi scoperto da solo invecchiando. Io avevo 3 anni meno di lui; ed ad una
certa età le differenze sono solo date da esperienze, fondamentalmente
sessuali, vere od inventate che fossero.
Pierangelo sapeva accattivarsi l’interesse di noi, Franco, Piero, Claudio
e Gianni, il più piccolo raccontandoci esclusivamente quello che lui si
sentiva di essere, quello che avrebbe voluto diventare.
Facemmo una teleferica, con un conto di corda dal Remo che mia madre
voleva farmi mangiare, dal terrazzo di Villa Maria sino giù, nell’orto.
Poi prendeva la chitarra e tutti ci sentivamo su di un palco con centinaia
di fans che deliravano per noi. Che poi suonava bene solo lui!!!!
Gabriella e Pierangelo |
Monte Allegro Rapallo 1964 |
Le targhe di marmo sui pilastri di Villa Maria riportano ancora ora i
segni dei colpi della carabina ad aria compressa che mi aveva insegnato ad
usare.
Quante volte mi redarguiva quando assumevo degli atteggiamenti
strafottenti con mia madre, ma lo faceva con dolcezza, considerandomi,
ricambiato, quel fratello che entrambi non avevamo.
Si confidava con me degli amori non corrisposti od ostacolati dalle
famiglie ed io mi sentivo lusingato di essere il rifugio dei suoi
problemi. Che visti oggi fanno solo sorridere.
Un ragazzo volitivo che sarebbe arrivato dove avrebbe voluto se la sua
forza di volontà non lo avesse tradito, quel pomeriggio d’estate, volendo
ad ogni costo riattraversare a nuoto quell’assassino del fiume Po.
Io ero in collegio a Tradate e quel santo uomo di mio padre venne apposta,
in un giorno feriale, per darmi la notizia che io avevo appena appreso da
una lettera di Luisella non filtrata dal Rettore. Ricordo che piangeva,
gli voleva bene anche lui.
Un caro amico e maestro che non dimenticherò mai.
Pierangelo
|
Sandro e Pierangelo |
PIERANGELO SPADACCIA
(ricordo di Anita
Rosso)
25 dicembre 1948 – 1 giugno 1967
Forse fu la ritrovata serenità dopo gli anni bui e spaventosi della
guerra, forse eravamo il segno della rinata speranza nel futuro, sta di
fatto che in quell’anno, il 1948, alla Colma nascemmo in sei .
Tre maschi e tre femmine; il primo, Sandro a gennaio, chi scrive a giugno
e poi Germana, Ornella, Beppe e infine proprio il giorno di Natale nacque
Pierangelo. Fu certamente il record delle nascite per la nostra piccola
comunità.
Ci ritrovammo tutti in prima elementare a Garriano, scendevamo tutti
insieme verso la Cappelletta, non ci accompagnava nessuno, spensierati e
liberi di fare guai. Lo scuola-bus dovevano ancora inventarlo ma non se ne
sentiva il bisogno.
All'ingresso delle Cave -
1965 |
Anita
e Pierangelo |
Condividevamo tutto, la scuola, il tempo libero, le liti, i giochi, le
sere d’estate, i geloni ai piedi, il fantoccio di neve, gli alberi di
ciliegie su cui arrampicarci a far razzia, le lezioni di catechismo al
Castello d’Uviglie con Suor Anna Maria, missionaria della Consolata, che
ci attendeva sulla porta, preoccupata per i nostri costanti ritardi, si sa
in primavera come si può non fermarsi a raccogliere primule e viole o a
far capriole lungo i pendii rivestiti di tenera erbetta appena nata.
Poi qualcuno andò a stare in città, i tempi erano duri, i nostri genitori
dovevano sbarcare il lunario. E così il gruppo si assottigliava. Chi era
rimasto si ritrovava presto al mattino per andare a Roveto a prendere “la
corriera” che ci portava a Casale per le medie e poi per le superiori.
Mattino e sera, tutto l’inverno e tutta la primavera. Poi arrivavano le
vacanze e con le vacanze tornavano anche quelli che si erano trasferiti e
il gruppo aumentava nuovamente.
Pierangelo - Prima Comunione
Ormai adolescenti, trascorrevamo il periodo estivo a Villa Maria.
Pierangelo aveva una grande predisposizione per la musica, suonava la
chitarra, l’armonica a bocca, ma era la batteria la sua passione. Quanti
pomeriggi e quante sere trascorsi in quel giardino a suonare le canzoni
dei Beatles, dell’Equipe 84. Erano gli anni sessanta, nel tardo pomeriggio
la radio sintonizzata su “Bandiera Gialla”. Poi i primi giradischi e la
sera ballavamo nel prato del “forno” al suono di “The house of the rising
sun” , “A chi” e tante altre.
Il bisogno di stare insieme, di condividere passioni e sentimenti, ed ecco
nascere il “Club degli intellettuali”. Una stanza nel Castello di San
Bartolomeo, messaci a disposizione dalla famiglia Ariotti, dove anche
nella brutta stagione potevamo riunirci e stare insieme. Li facemmo la
nostra prima festa di capodanno. I primi motorini, i primi amori.
Pierangelo era pieno di vita, suonava in un gruppo, aveva la ragazza, e
frequentava le superiori.
Aveva un’ansia di vivere molo più forte della nostra, forse un
presentimento. Qualcuno ancora studiava, qualcuno già lavorava, tutti a
rincorrere il proprio destino.
Il destino di Pierangelo lo attendeva sulla riva del Po’ in quel caldo 1°
giugno del ’67. Il grande fiume, non ebbe misericordia della sua giovane
vita, non guardò ai suoi 18 anni pieni di speranze, lo portò via in un
attimo. Allora ci tornò in mente che qualcuno disse “muore giovane chi è
caro agli Dei”. Ma nell’incredulo smarrimento di quei giorni odiammo
quegli Dei che ci avevano portato via una parte della nostra vita.
Prima Comunione - Leva del 1948
Un omaggio a lui del 2012 |