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Le famiglie che abitano alla Colma fin dall'inizio del 1800 sono quelle degli Amesano, Angelino, Ariotti, Campagnola, Caprioglio (originariamente Capriolo, come risulta dall'Archivio Storico Comunale), Francia, Morbelli, Ramezzana, Ricossa, Rosso, Piccinini, Valeggia, Spadaccia; il gruppo dei Caprioglio è il più numeroso, è costituito infatti da almeno dieci nuclei, tutti più o meno imparentati tra loro.

 


"Balavu tla curt" (Il ballo sull'aia)

 


Negli anni che seguirono le due guerre mondiali vi fu una grande emigrazione da parte degli abitanti della frazione, verso l'Australia e le Americhe, in cerca di miglior fortuna.


Molti i colmesi che hanno ricoperto la carica di primo cittadino di Rosignano, per citarne qualcuno ricordiamo, come podestà a inizio secolo scorso, Damaso Caprioglio ed Eligio Caprioglio e, in tempi più recenti, Ernani Caprioglio e Luigi Patrucco.

 

Serate Danzanti


Le occasioni di svago nei primi anni del Novecento erano poche, la festa patronale rappresentava forse l'evento più importante e più atteso. Gli uomini avevano il compito di allestire il ballo a palchetto, mentre le donne preparavano il pranzo del dì d'la festa. Per l'evento arrivavano parenti da tutte le parti: alcuni si trattenevano per tutti e tre i giorni di festa, altri solo per il pranzo domenicale. Nella settimana che precedeva i preparativi passava il venditore di ghiaccio e il blocco acquistato (paracar ad giasa, letteralmente, “paracarro di ghiaccio”) veniva messo in un mastello di legno coperto di paglia, sopra al quale venivano appoggiate le carni e le verdure da conservare.

 

Il ballo
 

Il menù era tipico del luogo: affettati (prodotti in casa e conservati appesi a fili, fissati al soffitto, nelle camere più fresche), fritto misto (la friccia) costituito da fegato, polmone, coscia, cervella, filoni (lacet), semolini, amaretti, patate e carote; seguivano gli agnolotti ripieni di coniglio e cotechino con la verza, il bollito misto con testina, l'insalata indivia e la zuppa inglese. Per sottolineare quanto fosse importante per i colmesi questa festa si racconta ancora in tempi recenti di quando, nel secondo dopoguerra, fu ingaggiata l'orchestra Angelini; per il resto dell'anno, invece, bastava una fisarmonica in un cortile, ma era già festa.

 

"La butega"  (La bottega - interno)

Il cuore commerciale, e non solo, della frazione fu per anni la butega (precedentemente esisteva invece una cooperativa di consumo).

Negli anni del secondo dopo guerra essa era ubicata nella casa di Ceci Caprioglio (an s'la Curma, “in cima alla Colma”) e a condurla erano i coniugi Luparia, a loro subentrarono in un secondo momento gli Angelino.

Dopo qualche anno la butega fu trasferita all'ingresso della frazione e lì rimase fino al momento della sua definitiva chiusura.

 

La butega, oltre ad avere le caratteristiche di un vero e proprio emporio (vi si trovava infatti di tutto, dagli alimentari ai mangimi per animali, dai tabacchi alla sciufetta da buta al previ, ovvero lo scaldaletto e ai giabot, gli zoccoli di legno), era un centro di aggregazione e di ritrovo per le donne che andavano a far la spesa e per gli uomini che, alla sera, vi si recavano per la partita a carte, insomma era il luogo ideale per scambiare quattro chiacchiere e aggiornarsi sugli avvenimenti della comunità.

 

"Al boci" (La partita a bocce)

 

Una o due volte all'anno passava poi Matè, un ambulante con un carro trainato da un mulo, che vendeva stoffa, bottoni, filo e articoli vari come saponette e profumi: le donne, incuriosite e attratte dalla merce, facevano naturalmente capannello intorno a quel carro.

 

Corteo Nuziale


Tutti i giovedì arrivava infine “Teresa dal pe ad cunin”. Teresa spingeva la sua bicicletta su per la salita e gridava: "Strasi e pe ad cunin!" (“Stracci e pelli di coniglio!”); sul portapacchi dietro al sellino, trattenute dalla molla del portapacchi stesso, aveva pelli di coniglio salvaguardate con la paglia che, se pur rivoltate, lasciavano intravedere i colori grigi, bianchi o bianchi e neri degli animali che erano finiti sulle tavole dei padroni. Dava una lira per ogni pelle e si ricorda che i bambini tentavamo di prendere le pelli, appese a essiccare alle corde del bucato, per portarle a Teresa e avere la lira.


An s' la Curma (in cima alla Colma)

Il tratto pianeggiante posto sul punto più alto della collina, dove la strada inizia a scendere, è detto “an s'la Curma” (sulla Colma, appunto); per la sua posizione e conformazione ospitava la maggior parte degli eventi collettivi: lì veniva acceso il Carvà (falò di carnevale), lì allestito il ballo a palchetto per la festa del Santo Patrono (San Bartolomeo, 24 Agosto) e, sempre lì, si svolgevano le partite a bocce domenicali; infine an s'la Curma sostavano le rarissime automobili che attendevano i cortei matrimoniali: una piccola processione che accompagnava la sposa alla chiesa parrocchiale di Rosignano.

 

"Rompi al pignati" (La rottura delle pentole)

 


La festa della leva

Ogni anno i coscritti festeggiavano la leva: passavano con bandiere e berretti di casa in casa e tutto culminava in canti e balli. Venivano anche fatti giochi di abilità come quello della rottura delle pentole di terracotta (“rompi al pignati ”) a cui, naturalmente, assistevano tutti.

 

Leve del 1919 e 1920
 


Divertimenti invernali
 

La  neve

L'inverno porta il riposo alla natura e, in una certa qual misura, anche ai contadini, le attività si riducevano infatti al semplice rigoverno delle stalle e al rmunda i sals (pulire i salici). Rmunda i sals era un lavoro pomeridiano che si svolgeva all'interno delle stalle e che consisteva nel preparare i salici che sarebbero serviti a legare le viti in primavera; dopo la pulitura essi erano suddivisi in diverse misure (salset, sals, torci), a seconda della destinazione d'uso.

Poi un mattino ci si svegliava con la neve. Lo spartineve non era sicuramente dei più veloci: esso non era altro che una lama a forma di “V” (la luva), trainata da due cavalli, che doveva pulire tutte le strade del comune, ecco perché gli uomini, armati di badile e scope, in una sorta di gioco, provvedevano anch'essi a dare una mano.

 

La neve esaltava anche la vena artistica di Alfredo Morbelli (il figlio del pittore), che per la gioia di tutti modellava un gigantesco Garibaldi con tanto di pipa!


"Garibaldi" di neve


In tempi relativamente più recenti si sono allestiti anche campi da sci e Ceci, con il proprio trattore, faceva lo skilift dalla valle di Terruggia alla Colma.
 

Campi da sci



La scuola

La Colma non ha mai avuto un proprio edificio scolastico, all'inizio del secolo scorso e per molto tempo dopo i bambini sono andati a scuola a Terruggia. Poi venne costruita la scuola a Garriano, un'altra frazione di Rosignano a due chilometri dalla Colma, e dagli anni Quaranta fino ai Settanta (quando cessò la propria attività per mancanza di bambini) quella fu la sede scolastica dei piccoli colmesi.

 

Il primo giorno di scuola
 


Partivano a gruppi e, scendendo verso la Cappelletta, passavano a chiamare gli altri, cosicché a poco a poco il gruppo cresceva. L'allegra brigata naturalmente trovava modo di perder tempo lungo lo stradone: in primavera per cercar viole e primule (“pan dal Signur”), in autunno per rubar mele dagli alberi, in inverno per tirar fuori dai truogoli (che contenevano l'acqua utilizzata durante l'estate per il verderame delle viti e che in questa stagione ovviamente ghiacciava) delle ruote di ghiaccio da far rotolare lungo la strada. Quando nella notte aveva nevicato, il mattino seguente uno o più papà si mettevano in testa alla fila e con un badile aprivano la strada fino a Garriano. Era una festa, perché con la neve ci si fermava a mangiare a scuola.

Giornalmente si percorreva la strada ben quattro volte e, al ritorno, si passava dalla Regione Lucchina, dove erano state aperte, negli anni Cinquanta, le cave di calcare per l'estrazione di materiale per gli stabilimenti Eternit. Le volate di mine venivano annunciate con il suono di un corno, non era raro quindi che, al rientro da scuola, ci si dovesse fermare ad attendere gli scoppi fragorosi delle mine che facevano tremare la terra sotto ai piedi; al nuovo suono del corno si poteva riprendere la strada del ritorno. Negli anni Settanta, nella cava a cielo aperto ormai abbandonata (è ancora visibile la profonda ferita nel fianco sud della collina, proprio sotto il castello) si formò un lago; i suoi fondali, bianchi di tufo, davano all'acqua un colore verde smeraldo. Per molto tempo nel lago si andò in barca, si fece il bagno e si allevarono pesci, poi, così come si era formato, spontaneamente il lago sparì.

 

Il Lago